IVAN E IL DIAVOLO Il mistero del doppio nei Fratelli Karamazov da Fedor Dostoevskij
Adattamento e interpretazione di Mino Manni
Regia di Alberto Oliva
PRODUZIONE Associazione I DEMONI
DEBUTTO Teatro Libero, Milano – 10 novembre 2011
«Tu non sei né freddo né caldo. Magari tu fossi freddo o caldo! Ma, poiché sei tiepido, sto per vomitarti dalla mia bocca. »
Da L’APOCALISSE di Giovanni
Con la citazione dall’Apocalisse, Stavrogin, il protagonista dei DEMONI di Dostoevskji, affronta la confessione a padre Tichon nel capitolo più famoso del romanzo, quello che per molti anni fu vietato dalla censura e che ancora oggi in molte edizioni del capolavoro viene aggiunto solo alla fine.
Nel monologo che abbiamo scelto di adattare per la scena, Dostoevskij affronta il tema scabroso della pedofilia, senza prendere mai una posizione né dare mai un giudizio definitivo: il grande autore russo rappresenta, infatti, l’ambiguità dell’animo umano senza alcun tipo di compiacimento, il suo intento è esclusivamente quello di approfondire la natura contraddittoria dell’uomo, attraverso un grande richiamo alla libertà.
Nella nostra versione, la confessione viene fatta al pubblico. Questo comporta un’apertura del personaggio, che si mette a nudo e chiede ogni sera comprensione e condivisione, o forse anche rifiuto, commiserazione, ma non è possibile l’indifferenza.
Ogni spettatore viene chiamato direttamente in causa, come testimone o come giudice, e viene chiamato a interagire con Stavroghin, a rispondere alle sue domande, anche solo con lo sguardo. Ogni sera lo spettacolo sarà diverso perché diverso sarà il pubblico. Il testo di Dostoevskij si apre all’incontro con il pubblico, che potrà trasformarlo, adattarlo alla situazione presente e renderlo vivo e attuale.
AL TEATRO FRANCO PARENTI “LA CONFESSIONE” DI DOSTOEVSKIJ
Nulla è improvvisato, nulla è sopra le righe. Tutto invece è perfettamente calibrato, a cominciare dall’intenso silenzio iniziale che mi ha riportato alla mente una celebre battuta delle Rane di Aristofane, in cui Dioniso (il dio del teatro!) confessava di aver apprezzato il silenzio di Niobe nella rappresentazione di una tragedia di Eschilo…
Saul Stucchi – alibionline.it
La Confessione, la sconfitta nichilistica
Mino Manni ci offre uno Stavrògin sofferente che segue la tensione demoniaca abbandonandosi alla voluttà e all’ebrezza dell’infamia, del pericolo e del delitto. E finisce col perdersi, scivolando in un nichilismo fatto di devastazione e morte, senza vergogna, né disperazione. Un’ottima prova d’attore.
Raffaella Roversi – 2righe.com
La Confessione – Teatro Libero (Milano)
Un senso di inquietudine ci coglie fin dal primo ingresso in sala. Uno sguardo beffardo si posa su di noi e ci perseguiterà per tutto lo spettacolo. L’ombra di un demone è di fronte a noi, adagiata all’interno di una scenografia scarna che ben trasmette un senso di vuoto e privazione. […] Mino Manni è riuscito perfettamente ad esprimere tutte le sfumature del complesso personaggio dostoevksijano: enigmatico, paradossale, inquietante, sofferente, amorale e, purtroppo, irrimediabilmente perduto.
Serena Lietti – saltinaria.it
Quello dell’attore è un lavoro a togliere; con grande abilità magnetizza gli spettatori con lo sguardo, privando il personaggio di ogni costruzione. Il tutto conferisce una grande forza all’ottima traduzione di Francesca Gori, Stavrogin arriva a dirci ogni cosa con una naturalezza agghiacciante; Mino Manni osa, e potrebbe osare addirittura di più. Un interprete che recita questo materiale in maniera così minimalista sembra quasi sfacciato ed è proprio questa la forza dello spettacolo: lasciare tutto all’immaginazione di chi guarda. Ognuno si confronterà con i propri spettri e con il proprio modo di concepire l’orrore. «Avete cominciato a stimarmi ora?» chiede Stavrogin dopo la confessione.
Francesca Carta e Matteo de Mojana – FABERGIORNALE
La regia di Oliva, spoglia ed essenziale, e la potente interpretazione di Manni (che muove da una citazione dell’Apocalisse), creano un’atmosfera densa e cangiante che porta lo spettatore al centro di un’oscurità psicologica sospesa, difficile da giudicare. Un discorso che, dipanandosi, sfiora temi universali come il concetto di bene, male, salvezza, perdono, punizione. È una commovente e irrisolta interrogazione sull’umano la “Confessione”, che nell’arco di un’ora spinge chi guarda a una contraddizione insanabile: da una parte il giudizio e la ferma distanza per un atto mostruoso, dall’altra l’avvicinamento empatico ad un animo perso e profondamente corrotto. Grande prova attoriale, sensibile allestimento registico: alla fine, quasi si riesce a “vederla” la piccola Matriosha, con il suo volto di rabbia e candore, con la sua manina tesa a un universo di redenzione e speranza.
Marta Zacchigna