IL SONDAGGISTA Ovvero i danni del teatro di Valeria Cavalli
Regia Alberto Oliva
con Mino Manni, Guenda Goria, Marta Ossoli, Giancarlo Latina, Giuseppe Nitti
Musiche originali Bruno Coli
Costumi La Lory Costumi Teatrali
Disegno luci Alessandro Tinelli
Assistente alla regia Anna Carollo
PRODUZIONE I Demoni e Teatro Out Off con il sostegno di Next Regione Lombardia e Teatro In – Folio
DEBUTTO Teatro Out Off, Milano – 2 dicembre 2015
Il Mito di Don Giovanni rivive in una delle sue versioni meno conosciute, quella di Puskin, unita a un altro atto unico dello stesso autore, il Festino ai tempi della peste, in cui un gruppo di giovani fugge dalla peste e si rifugia in un luogo di pace dove cerca di esorcizzare la morte e la paura con canzoni, poesie, favole e sberleffi. Proprio come nel nostro tempo, in cui cerchiamo di combattere la paura con la leggerezza e l’intrat-tenimento, con le feste in cui la musica a volume altissimo, la droga e l’alcol producono lo stordimento di un baccanale dionisiaco. In un’atmosfera da Grande Bellezza, unita con il gusto tipico di Puskin per lo sberleffo e la sfida con la morte, raccontiamo il ritorno del Grande Seduttore in un paese in crisi, malato, stanco, deluso, che aspetta un segnale per risvegliarsi e tornare a ballare, danzare, divertirsi e ritrovare il piacere della vita.
Nello spettacolo è protagonista la musica, che gioca con i riferimenti alla contemporaneità, ma anche a film come il musical di Tim Burton Sweeney Todd per creare un’atmosfera divertente, grottesca e sempre in bilico tra la vita e la morte.
In questa versione della celebre storia, la statua del Commendatore è invitata da Don Giovanni non a un banchetto, ma, con cinica empietà, ad assistere al suo incontro amoroso con la vedova di lui. Un festino con il morto, un amplesso che sa di sfida soprannaturale, sfregio ai limiti della condizione umana, voyeurismo perverso. Il Don Giovanni di Puskin non è un banale donnaiolo, collezionista di femmine per sfogo fisiologico o edonistico svago, ma un uomo dominato da un desiderio di affermazione di sé che nasce da un vuoto esistenziale, da una sorta di noia metafisica, e insieme da un timore di fallimento, che lo porta a dire a Leporello, all’inizio del dramma: “Per poco non morivo di noia, che gente!” E’, dunque, la noia il motore del personaggio, che si avvicina così a una sensibilità a noi contemporanea, sebbene tipica dell’Ottocento russo, quello stesso che ha prodotto i Demoni di Dostoevskij e l’Oblomov di Goncarov, testi che ci sono cari proprio per la “lontana vicinanza” a noi che li caratterizza.
“Sono pronto a morire per lei, ma l’idea di lasciare una vedova brillante mi fa impazzire” scrive Puskin in una lettera. La gelosia, il piacere di vedere nell’altro l’amore per sé sono i motori di un Don Giovanni che, però, arriva ad amare veramente, anche se non rinuncia alle sue arti di corteggiamento.
Aleggia un senso di fine che può parere «decadente» e che è come un presentimento vissuto da Puskin, che ha girato per un anno interno intorno all’appuntamento con la morte, divertendosi a sfidare a duello tante persone, finché ha trovato il colpo che lo ha ucciso. Atteso, quasi sperato, e accolto con l’assurdo sorriso dell’ironia.
L’ospite di pietra – questo il titolo della sagace versione che Puskin dà del celebre mito occidentale del grande seduttore – si trova all’interno della collezione delle Piccole Tragedie di cui fanno parte anche il Festino ai tempi della peste e Mozart e Salieri, già messo in scena dalla compagnia nella stagione 2014 /2015.
Alberto Oliva dirige un Don Giovanni di Puskin di grande atmosfera
Grande rilievo ha la musica di Bruno Coli, con le canzoni interpretate dalle belle voci delle attrici che fin dal primo momento ricostruiscono quella atmosfera tra il gotico, il dark, l’ironico e il grottesco che si ritrova in Tim Burton e in particolare in “Sweeney Todd – Il diabolico barbiere di Fleet Street”, come ci tiene a sottolineare il regista Alberto Oliva, sempre attento a utilizzare ogni elemento per raccontare una storia e ricreare un’atmosfera. Il risultato è uno spettacolo intrigante, di grande fascino.
Valeria Prina – spettacolinews.it
IL DON GIOVANNI ALL’OUT OFF, UN FESTINO IMPERDIBILE
In questo spettacolo i festini a base di alcool, droga e rock and roll (e il riferimento alla società contemporanea, messo in scena anche nel film La Grande Bellezza, è piuttosto esplicito) mettono in luce il disinteresse e la mancanza di prospettive e di ideali di un Paese intero. Un’ora e mezza di spettacolo per cui vale la pena di fare una pausa dal quotidiano, tra risate spontanee e riflessioni.
obbligatorie.milanofree.it
Don Giovanni – Festino ai tempi della peste
Nel suo insieme lo spettacolo è accurato e godibile. E fa piacere riconoscere una squadra di attori bravi, affiatati e ben diretti, per lo più giovani; a loro agio anche nei differenti registri espressivi (danza, canto) declinati dalla drammaturgia.
Claudio Facchinelli – corrierespettacolo.it